Le note del traduttore
di Silvia Iannone
Il lavoro del traduttore richiede attenzione e concentrazione.
Quando traduco un testo, devo “sentirlo” per riuscire a trovare la soluzione giusta al momento giusto. La mente deve essere sgombra e attiva.
Ma, inevitabilmente, dopo ore di lavoro arriva la stanchezza e, per quanto mi riguarda, un punto in cui non conosco più nessuna lingua, né la mia né l’inglese: concetti e parole si sovrappongono e si mescolano e le mie traduzioni iniziano ad assomigliare più alla trascrizione di un dialogo tra Luca Giurato e Jar Jar Binks che a qualcosa che abbia un senso. Se il tempo a mia disposizione è troppo poco per prendermi una pausa e allontanarmi dalla scrivania, in genere ricorro all’ascolto di musica per ritrovare la pace interiore, l’ispirazione e riemergere dal mio baratro linguistico e mentale.
Soprattutto in questo momento storico ascoltare musica è diventato un bisogno fisiologico perché, oltre alle solite difficoltà che incontro quando traduco, ci sono state (e ci sono ancora) occasioni in cui mi sono sentita avvolta e travolta dal silenzio e altre in cui le cattive notizie e le opinioni altrui si sono fatte assordanti.
Chi, come me, deve concentrarsi su parole e concetti per lavoro sa che non sempre è facile conciliare questo bisogno con la professione.
La lingua ha un suo ritmo e io non sono in grado di ascoltare musica con parole quando lavoro: mi va in pappa il cervello. Per ovviare al problema, ho creato la mia scaletta da lavoro, composta da brani privi di parole ma fitti di suggestioni, che si adattano a ogni fase del processo di traduzione, ai miei bisogni e all’umore. Alcuni mi aiutano ad alleggerire il carico mentale e ad andare più spedita, altri mi tirano su quando mi imbatto in passaggi impossibili e cado nel trappolone mentale del “il problema non è il testo, so io che so ‘na pippa”. Altri mi regalano la giusta dose di distrazione, consentendomi di trovare quel distacco necessario per rimettermi sul testo con più concentrazione di prima. Vi propongo alcuni dei pezzi che ascolto più spesso quando lavoro, sperando che possano tornare utili anche a voi, in quest’epoca in cui il bisogno di distrazione è diventato un’urgenza.
- Lo schiaccianoci di Čajkovskij
- La colonna sonora del film Amadeus
- Estratti della colonna sonora di Jurassic Park eseguiti dalla Pražský Filmový Orchestr e un brano, sempre tratto da Jurassic Park, diretto da John Williams
- La Marcia Imperiale di Guerre Stellari nella versione di John Williams e in quella della Pražský Filmový Orchestr
- La colonna sonora del film Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) composta da Armando Trovajoli (parti cantate escluse, purtroppo, ma solo quando lavoro)
- Vivere felici di Trovajoli
- A lonely man e Theme di Trovajoli
- La Matriarca (slow theme) e L’Amore dice ciao di Trovajoli
- Angola Adeus indovinate di chi?
- Mitzi di Alessandro Alessandroni
- Il tema di Giù la testa scritto da Ennio Morricone con la splendida voce di Edda Dell’Orso
- I want it all e Sguardi teneri entrambi composti da Bruno Nicolai e interpretati da Edda Dell’Orso
TRACCE BONUS (per quando ho bisogno di un ritmo monotono ma rassicurante)
Cara Silvia,
quanta verità! Da collega traduttrice (ultimamente bersagliata dalle scadenze e più Luca Giurato del solito, digievoluto in Renzi con la shishite) non posso che condividere la strategia della musica senza parole e dei rumori bianchi. I primi anni di lavoro ho capito a mie spese di non poter ascoltare musica, quando un cliente mi ha rimandato un testo con evidenziata una frase che era un feat. fra le strategie riproduttive dei coleotteri e La sera dei miracoli. Lì ho capito di dover spegnere Youtube per sempre. Poi sono arrivata alla fase dei rumori bianchi, tipo quello della cappa della cucina o, nella mia fase zen, delle onde del mare. Ora anche io ho creato una playlist e mi sento una persona migliore. Te ne lascio una delle mie, che ultimamente mi sta salvando la vita. Si può fare? Posso fare un controavvento del contravvento? Dai, lo faccio: tutta la colonna sonora di Your Name (https://music.youtube.com/browse/MPREb_omNHm3qEN1U) e tutto Erik Satie.
E’ confortante sapere di non essere l’unica che a fine giornata non riesce più a produrre suoni intelligibili. La cosa che trovo più complicata in assoluto, però, è smettere di mescolare le figure idiomatiche, tipo “Menare il can per il cespuglio” o “Tutto fumo e niente specchi”. A te capita mai? Non avere nemmeno il tempo di scrivere un dizionario da distribuire a conviventi e familiari non aiuta affatto a farsi capire…
Alla prossima casella!
Giorgia
Ahahahahhaha! “Menare il can per il cespuglio” è un’espressione bellissima!
Sì, restare ancorati alla propria realtà linguistica senza trasformarsi in Nando Mericoni a volte può rivelarsi complicato, quando si traduce.
Bello il suono della cappa accesa: conosco tante persone che lo detestano, io invece apprezzo, devo dire, come quasi tutti i suoni casalinghi, forse perché mi ricordano i pomeriggi passati a casa di mia nonna, che era sempre indaffarata in qualche lavoro domestico.
Grazie di aver condiviso le tue playlist, ho sempre bisogno di suoni nuovi e sono convinta di non essere la sola.